Previdenza complementare: i fondi pensione negoziali. Costituiscono una rilevante forma di fondi pensione; nel caso di lavoratori dipendenti poi integrano nei contributi anche quelli versati del datore di lavoro, dando origine così una vantaggiosa dinamica contributiva. Si distinguono inoltre per una onerosità contenuta derivante dal fatto che non sono collocati da reti commerciali.

I fondi pensione negoziali (detti anche fondi chiusi) sono forme pensionistiche complementari che traggono la propria origine dalla contrattazione collettiva (accordi cioè tra organizzazioni datoriali e sindacali). Nascono come soggetti giuridici autonomi distinti dalle parti sociali che ne hanno promosso l’istituzione.

Sono destinati a determinate categorie di lavoratori come:

  • i dipendenti del settore privato appartenenti alla stessa categoria contrattuale (settore merceologico disciplinato da un contratto collettivo nazionale), alla stessa azienda o al medesimo territorio
  • i dipendenti del settore pubblico;
  • i soci lavoratori di cooperative;
  • i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti (nel caso organizzati anche per aree professionali e territoriali).

Le fondi istitutive dei fondi negoziali possono essere:

  • i contratti e gli accordi collettivi (anche di livello aziendale) che vedono come firmatari i rappresentanti dei datori di lavori e dei lavoratori. In mancanza di tali contratti e accordi collettivi, possono essere istituiti tramite accordi tra lavoratori promossi dai sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali, ovvero tramite regolamenti aziendali;
  • gli accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o da associazioni aventi rilievo almeno regionale;
  • gli accordi fra soci lavoratori di cooperative, promossi da associazioni nazionali legalmente riconosciute di rappresentanza del movimento cooperativo.

Anche le singole Regioni hanno facoltà di istituire fondi negoziali; in tal caso lo strumento per farlo è la legge regionale nel rispetto della normativa nazionale di riferimento in materia (D. Lgs. 252/2005).

I fondi negoziali devono essere iscritti all’Albo dei fondi pensione ed operano sotto la vigilanza dell’Authority COVIP (Commissione di vigilanza sui Fondi Pensione). La documentazione di riferimento per approfondire la conoscenza di un fondo pensione si trova nello Statuto, nella Nota Informativa (con specifiche aree dedicate ad esempio ai costi ed alle politiche della sostenibilità) e nel Progetto esemplificativo standardizzato (stime di pensione integrativa sulla base di diverse modalità contributive); prima dell’adesione, oltre alla relativa modulistica, viene altresì richiesta la compilazione di un Questionario di autovalutazione volta a far emergere le conoscenze in materia previdenziale e le propensioni al rischio.

 

Meccanismo di adesione al fondo pensione negoziale.

L’adesione ad un fondo chiuso è volontaria e avviene mediante conferimento del TFR, trattamento di fine rapporto maturando (quello cioè accumulato dal momento dell’adesione). Nel caso di prima occupazione il lavoratore dipendente del settore privato (entro i primi 6 mesi) deve operare la scelta di conferimento del proprio TFR alla forma di previdenza complementare in modo esplicito oppure in modo tacito (rimanendo cioè in silenzio); nel caso volesse invece mantenerlo in azienda dovrà formalmente esplicitare tale scelta. Sugli effetti del conferimento tacito si rimanda all’articolo https://pwep.it/le-sorti-del-tfr-in-caso-di-silenzio-assenso.

La scelta dell’aderente di destinare al fondo pensione anche una quota di retribuzione genera automaticamente l’obbligo in capo al datore di lavoro ad aggiungere una percentuale stabilita dalle regole di funzionamento del fondo stesso. In buona sostanza i fondi negoziali hanno quote di retribuzione già contrattate collettivamente, disponibili per essere acquisite dal lavoratore sotto forma di contributi previdenziali integrativi.

Trascorsi almeno 2 anni dall’adesione l’iscritto può chiedere il trasferimento della posizione maturata (montante contributivo) presso un’altra forma di previdenza complementare; l’istituto del trasferimento si realizza per legge senza il sostenimento di oneri. È importante però valutare opportunamente la possibilità che con il trasferimento si venga a perdere o meno la quota di competenza del datore di lavoro.

Anche il lavoratore dipendente pubblico può aderire al fondo negoziale di riferimento attraverso il conferimento del TFR maturando, beneficiando altresì del contributo del datore di lavoro. Nel caso di dipendente pubblico assunto fino al 31/12/2000, in regime pertanto di TFS (trattamento di fine servizio), la scelta di adesione al fondo comporta la variazione di regime a favore del TFR. Per questa tipologia di lavoratori non esiste il meccanismo di adesione tacita.

Naturalmente dove non esiste un rapporto di lavoro dipendente, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti provvedono autonomamente alla contribuzione, stabilendone importo e periodicità.

 

Scelta del comparto di investimento.

Ciascuno fondo negoziale, ma ciò vale anche per le altre forme di previdenza complementare, mette a disposizione dell’aderente diversi comparti che configurano diversi mix rispetto al rischio, al rendimento, all’orizzonte temporale e al costo di gestione.

In ogni comparto troviamo una diversa combinazione di tipologie di strumenti finanziari sui quali si concentrerà la gestione del fondo. Possono essere:

  • garantiti, che offrono garanzie di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al momento del pensionamento. In questo ambito trovano canalizzazione le adesioni tacite;
  • obbligazionari;
  • bilanciati, che investono in un mix dichiarato obbligazionario ed azionario;
  • azionari.

La scelta del comparto può essere variata (switch) durante la permanenza della posizione nel fondo, anzi la variazione permette una maggiore coerenza di posizionamento dell’aderente nel comparto in relazione a fattori legati alla maggior comprensione dello strumento o a strategie di tipo lifecycle (certi fondi prevedono comparti dinamici costruiti su questo automatismo), in base alle quali viene graduata progressivamente l’esposizione al rischio finanziario dell’investimento in rapporto all’aumentare dell’età anagrafica dell’aderente.

 

Gestione delle somme destinate a previdenza complementare.

Il fondo pensione negoziale non gestisce direttamente le risorse accumulate (quote di TFR, contributi dell’aderente, contributi del datore di lavoro e loro rendimenti), ma affida tramite incarichi periodici (esiste una specifica procedura normata dalla COVIP) tale compito ai professionisti del settore (banche, compagnie di assicurazione, società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare). Questi opereranno sulla base delle politiche di investimento stabilite dal consiglio di amministrazione del fondo. Le risorse raccolte e gestite sono custodite presso una banca depositaria

Il modello comporta diversi oneri (in misura fissa e variabile) connessi alle strutture necessarie al funzionamento del fondo pensione, alla custodia delle risorse raccolte e gestite e alla gestione finanziaria da parte dei professionisti incaricati.  La governance del fondo negoziale ad esempio prevede l’Assemblea costituita dai rappresentanti dei lavoratori e delle imprese, il Consiglio di Amministrazione paritetico, il Collegio dei Sindaci e il Direttore Generale; si tratta di strutture che incidono con costi sostanzialmente fissi. Banca depositaria e professionisti della gestione incidono con voci di costo fisse e variabili (le seconde in funzione dell’ammontare del patrimonio).

I fondi negoziali non vengono collocati tramite reti commerciali (consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, agenti assicurativi, gestori della clientela di banche); ciò comporta l’assenza di costi legati alla remunerazione del loro lavoro.  Il “collocamento” dei fondi negoziali si fonda invece sui meccanismi derivanti dalla contrattazione collettiva; rappresentanti dei lavoratori e delle aziende (i primi in particolare) renderanno manifesta l’opportunità di questa forma di previdenza complementare ai potenziali aderenti.

Il modo per rendere manifesto e comparabile il sistema di costi che accompagna la vita di un fondo pensione è l’ISC (Indicatore Sintetico di Costo), che esprime in percentuale l’incidenza su base annuale dei costi.

 

Prestazioni finali ed in itinere.

Con riferimento alle prestazioni finali, come qualsiasi forma di previdenza complementare anche i fondi negoziali prevedono, dopo almeno 5 anni di adesione al fondo, al momento della maturazione dei requisiti per il pensionamento pubblico dell’aderente, la possibilità di trasformare il proprio montante contributivo in una rendita calcolata in base all’età, al sesso, al capitale maturato e alla tipologia di rendita scelta (si veda in particolare l’articolo https://pwep.it/rendita-si-ma-quale-scegliere).

Per la precisione non sono i fondi pensione ad effettuare il pagamento della rendita, ma le compagnie di assicurazione con le quali vengono stipulate specifiche convenzioni. È data inoltre facoltà all’aderente di trasferire la propria posizione individuale ad altri fondi una volta riscontrato erogazioni in rendita più vantaggiose.

L’aderente può anche optare per la liquidazione in capitale, fino ad un massimo del 50%, della propria posizione individuale. Se la conversione in rendita del 70% della posizione individuale produce una somma inferiore alla metà dell’importo annuo dell’assegno sociale (per il 2023 è pari a € 6.039,24), la prestazione può essere erogata in capitale in un’unica soluzione.

Per quanto concerne le prestazioni in itinere del fondo pensione l’aderente, sulla base delle casistiche previste a livello di normativa e di statuto, può fruire di anticipazioni della propria posizione individuale maturata (per spese sanitarie, per acquisto/ristrutturazione prima casa, per altre spese) e/o esercitare il riscatto totale o parziale della propria posizione (in concomitanza di specifici eventi come disoccupazione e perdita dei requisiti di partecipazione al fondo).

 

 

 

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