Felicità al lavoro e vantaggio competitivo Il successo sostenibile di un’organizzazione non può essere fondato esclusivamente su fattori economici/finanziari, ma deve correlarsi positivamente con una solida cultura aziendale e un capitale umano felice e motivato

di David Nerini
21/09/2025

Il concetto della “felicità” in azienda si fonda su un principio apparentemente semplice: i dipendenti soddisfatti creano clienti soddisfatti, che a loro volta generano un profitto potenzialmente duraturo. Tuttavia, nel contesto italiano, l’applicazione di questo principio rivela un paradosso disorientante. Da un lato, il tessuto imprenditoriale italiano dimostra una chiara consapevolezza dell’importanza del benessere; dall’altro lato però, i dati concreti sul coinvolgimento e sulla soddisfazione dei lavoratori dipingono un quadro allarmante.

I risultati che emergono dal report[1] elaborato da Gallup, una delle più ampie ricerche annuali dedicate all’analisi dell’esperienza lavorativa su scala mondiale, delineano uno scenario particolarmente critico riguardo alla diminuzione diffusa del livello di coinvolgimento professionale dei dipendenti che sperimentano anche un notevole malessere emotivo.

L’Italia ha un tasso di engagement dei dipendenti relativamente basso, con solo il 10% dei lavoratori coinvolti, valore inferiore alla media globale del 21%. Inoltre, il 73% è “not engaged” (per Gallup sono quelli psicologicamente distaccati dal loro lavoro e dall’azienda, poiché le loro esigenze di coinvolgimento non vengono pienamente soddisfatte; dedicano tempo ma non energia o passione al loro lavoro) e il 15% è “actively disengaged” (coloro cioè che lavorano contro gli obiettivi dell’organizzazione).

Ciononostante, il benessere dei lavoratori in Italia mostra che il 47% si dichiara soddisfatto con una percentuale superiore alla media globale del 33%. Questo indica che quasi la metà dei lavoratori italiani valuta sostanzialmente in modo positivo la propria vita lavorativa.

I livelli di stress quotidiano in Italia sono elevati, con il 49% dei lavoratori che sperimenta stress per gran parte della giornata, una percentuale nettamente superiore sia alla media europea del 38% che a quella globale del 40%.

Tra i sentimenti negativi, la tristezza quotidiana in Italia coinvolge il 21% dei lavoratori, che è leggermente inferiore alla media globale del 23%. La solitudine lavorativa è rilevata nel 13% dei casi. L’intenzione di lasciare il lavoro è al 37% negli italiani, inferiore alla media globale del 50%, segnalando una minor propensione al cambiamento lavorativo e all’accontentarsi di ciò che si ha.

La marcata riduzione dell’engagement manageriale, che ha evidenziato un decremento dal 30% al 27%, con criticità particolarmente accentuate tra i quadri direttivi di età inferiore ai 35 anni (diminuzione di 5 punti percentuali) e il segmento femminile (calo di 7 punti percentuali), costituisce aspetto cruciale.

La problematica, inoltre, non si circoscrive esclusivamente alle posizioni di vertice: un responsabile privo di motivazione genera inevitabilmente team caratterizzati da scarso coinvolgimento, determinando un deterioramento della performance organizzativa complessiva.

La principale origine di tale malessere organizzativo è riconducibile alla molteplicità di sfide complesse che i manager si trovano a dover gestire sistematicamente, in particolare:

  • Aspettative della dirigenza percepite come particolarmente elevate con la richiesta di risultati richiesti a breve termine;
  • Trasformazioni accelerate determinate dalla digitalizzazione e, in particolare, dall’implementazione pervasiva dell’intelligenza artificiale;
  • Volatilità delle configurazioni dei team (con difficoltà nello sviluppo di relazioni fiduciarie e nel consolidamento della coesione interna dei gruppi di lavoro) e crescente tensione psicologica derivante dalla scarsità di risorse disponibili a fronte di obiettivi di crescente complessità.

 

La nuova gerarchia dei valori che va oltre il compenso in senso stretto

Il quadro è ulteriormente complicato da un significativo cambiamento nelle priorità dei lavoratori italiani. L’epoca in cui la retribuzione era l’unica o la principale leva di attrazione sembra giunta al termine. Quasi tre italiani su quattro (74%) si dichiara pronto a rifiutare un aumento di stipendio se le condizioni ambientali di lavoro non fossero soddisfacenti, con il 60% che antepone la “serenità” quotidiana a un compenso più elevato.

Questo spostamento valoriale rende insostenibile l’approccio orientato alla “performance a tutti i costi”. Si parla in questo caso, come si evidenzia nel testo di Elaine Jobson[2], di “bad profit”, ossia di un guadagno ottenuto a scapito del benessere dei dipendenti e della qualità del prodotto. Mentre nel breve periodo questo modello può generare risultati positivi, nel lungo termine si rivela economicamente disastroso.

Anche sul fronte italiano inizia a palesarsi l’indisponibilità dei lavoratori a tollerare ambienti tossici, rendendo le aziende che si basano su un “profitto dannoso” particolarmente vulnerabili a tassi di turnover elevati e a una perdita progressiva del capitale umano qualificato. La cultura della felicità non è quindi un costo, ma un investimento essenziale per la sopravvivenza aziendale, poiché diventa la principale leva per attrarre e fidelizzare i talenti in un mercato in cui la tranquillità e i valori contano più dello stipendio.

 

Animare la trasformazione culturale: gli strumenti

Sicuramente nel contesto italiano l’adozione di piani di welfare aziendale si configura come leva fondamentale in questo senso. Il ricorso a questo strumento è infatti in crescita. La sua diffusione è ampiamente incentivata dai vantaggi fiscali secondo logica win-win.

Affinché il welfare si configuri come strumento di trasformazione culturale, deve essere progettato per soddisfare i fabbisogni reali dei dipendenti, in collegamento con la generazione di “good profit” (profitti virtuosi). In tal senso quindi interventi su assicurazione sanitaria integrativa producono agiscono sul bisogno di sicurezza e salute, riducendo ansia e stress quotidiano. L’implementazione di piani di formazione continua soddisfa il bisogno di crescita e sviluppo, aumentando la fiducia e il senso di appartenenza, riducendo il turnover. L’inserimento di servizi di supporto psicologico soddisfa il bisogno di benessere mentale e sicurezza psicologia, aspetti essenziali in un contesto italiano che evidenzia livelli particolarmente alti di stress quotidiani. Adottare forme di flessibilità oraria e di smart working soddisfa il bisogno di conciliazione vita/lavoro, con impatti potenziali su produttività e sul rafforzamento del senso di responsabilità e dell’autonomia. Infine, il riconoscimento di voucher e fringe benefit adempie ad irrobustire il senso di sicurezza, aumentando il potere di acquisto e il senso di gratitudine, che agisce sulla fidelizzazione.

C’è poi l’esigenza di rendere la cultura parte integrante del DNA aziendale, in grado cioè di generare alti impatti. Ci sono tre dimensioni fondamentali che agiscono verso questa direzione:

  • orientamento sistemico alla performance con mentalità di crescita collettiva e accountability distribuita;
  • collaborazione basata su fiducia sistemica e sicurezza psicologica che favorisce innovazione e condivisione di conoscenze;
  • agilità e capacità di adattamento attraverso tolleranza dell’ambiguità (capacità individuale e organizzativa di operare efficacemente in situazioni caratterizzate da incertezza, informazioni incomplete o contraddittorie, e assenza di soluzioni chiare e definitive) e competenze di disapprendimento (abilità intenzionali e sistematiche ad abbandonare conoscenze, competenze, abitudini mentali e comportamentali che sono diventate obsolete o controproducenti. Sono skills complementari all’apprendimento e spesso ne costituiscono il prerequisito).

Lo sviluppo culturale richiede leadership trasformazionale capace di modeling comportamentale e storytelling strategico, sistemi HR allineati che integrino recruitment culturale e performance management olistico, oltre a strutture organizzative agili e processi partecipativi. L’approccio deve essere sistematico, integrato e di lungo termine, coinvolgendo tutti i livelli organizzativi in una trasformazione che tocca l’identità stessa dell’organizzazione e la sua capacità di creare valore sostenibile attraverso le persone.

La trasformazione culturale genera inevitabili resistenze che richiedono strategie specifiche:

  • comunicazione trasparente e continua sui razionali del cambiamento e benefici attesi;
  • coinvolgimento attivo degli opinion leader interni come ambasciatori del cambiamento;
  • creazione di quick wins, ossia risultati positivi tangibili e misurabili ottenuti nel breve termine (tipicamente 30-90 giorni) che dimostrano concretamente l’efficacia del nuovo approccio culturale e generano esempi per la trasformazione più ampia;
  • gestione dell’ansia attraverso percorsi di accompagnamento personalizzati.
  • implementare un change management strutturato che preveda diagnosi della risposta al cambiamento, identificazione delle fonti di resistenza (cognitive, emotive, politiche, culturali), sviluppo di alleanze di scopo tra stakeholders che condividono l’esigenza del cambiamento strategico e monitoraggio continuo dell’adozione comportamentale.

La resistenza deve essere vista non come ostacolo ma come fonte di informazioni preziose per calibrare interventi e tempistiche di implementazione.

 

Conclusioni

Il paradosso italiano tra alta consapevolezza e bassa performance di engagement non è una fatalità, ma un problema di implementazione e leadership. La felicità al lavoro non è un lusso, ma un motore di performance sostenibile.

L’investimento nella cultura aziendale, se condotto con una visione olistica e a lungo termine, produce risultati tangibili e misurabili. Le aziende che implementano piani di welfare strutturati e agiscono sulla cultura vedono impatti a livello di aumento della produttività, di riduzione dell’assenteismo e di calo del turnover.

 

 

[1] Gallup, (2025), State of the Global Workplace 2025. Understanding Employees, Informing Leaders.

[2] Jobson, E. (2024), High Performance Through Happy People: How to build a highly successful company fuelled by a world-class culture, Major Street Publishing.

 

 

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