Risorse Umane: il ruolo nei processi di miglioramento continuo (parte 2) In tema di centralità delle risorse umane negli obiettivi di continuous improvement risulta preliminarmente necessario definire i principi lean alla base di tale cultura diffusa all’interno dell’azienda impegnata nel processo di trasformazione.

team che lavora insieme con l'obiettivo del miglioramento continuo del processo

Abbiamo avuto modo di introdurre con l’articolo precedente (lo puoi leggere cliccando qui) l’importanza di ingaggiare chi opera a livello di risorse umane nell’ambito dei processi di Lean Transformation delle aziende.

L’obiettivo è pertanto quello di espandere la dimensione del Lean HR che siamo portati a concepire in termini di pratiche di efficientamento calate sulle tipiche attività del mondo HR, per focalizzarci invece sul ruolo critico che le risorse umane possono e devono svolgere per traguardare processi di Lean Transformation di successo. Per quello che fanno e per come sono posizionate le risorse umane infatti possono rimuovere in questi processi ostacoli spesso pesanti, possono creare strategie che alimentino la cultura agile, possono sviluppare i talenti necessari a supportare importanti cambiamenti ed in generale agevolare la diffusione di leadership in grado di alimentare ambienti di lavoro coerenti con tale impostazione.

Il modello di Lean HR a cui pertanto intendiamo riferirci rivela il potere delle risorse umane nell’aiutare le aziende a raggiungere risultati molto migliori di quelli tipicamente ottenuti con le tradizionali iniziative lean.

Occorre però convergere su una definizione di Lean condivisa, che permetta di essere fondamenta solida per lo sviluppo della cultura del miglioramento continuo e per ottenere la leadership delle risorse umane in questo processo. In tal senso pertanto ai fini dell’implementazione di una diffusa Lean HR ci riferiremo ad un modello culturale di continuous improvement che si fonda sui seguenti sei principi:

1 – Focalizzazione continua sul cliente.

Non intendiamo riferirci alla logica tipica dei sistemi pull che impostano le attività sulla base della domanda da parte dei cliente (esterni e interni), ma ad un approccio che mira a soddisfare costantemente le esigenze dei clienti, per ottenere l’effetto di mantenerci sempre rilevanti per quei clienti. Pensiamo a tutte le volte che siamo stati noi dei clienti e abbiamo visto trattare le nostre richieste con rispetto, dedizione e priorità. Pensiamo ora a quelle volte in cui ciò non è invece successo. Se necessitiamo di nuovo di quel bene o servizio a chi ci rivolgeremo?

In molti contesti aziendali si parla di centralità dei clienti, ma porre davvero i clienti al centro del lavoro cambia l’ottica di osservazione e costituisce base fondamentale nella cultura del miglioramento continuo. Affinché ciò si possa effettivamente realizzare occorre alimentare la curiosità verso il cliente, conoscere ciò che pensa di noi, acquisire le sue aspettative, coinvolgerlo anche emotivamente.

Nelle catene del valore all’interno delle aziende ci sono anche i nostri clienti interni, con i quali dovremo impostare le relazioni con la stessa modalità, ma è naturale ottenere dalle persone più soddisfazione nella capacità di rispondere alle esigenze dei clienti esterni rispetto a quelli interni.

I comportamenti che possono essere adottati per dare forme alla centralità del cliente esterno potrebbero essere:

  • Coinvolgere i clienti nella progettazione del prodotto;
  • Predisporre modalità volte ad acquisire sinceramente i feedback dei clienti (non ci riferiamo a quei deleteri sondaggi guidati a cui diverse aziende poi correlano i sistemi incentivanti da calare sui dipendenti);
  • Diffondere la cultura che anche il collega che opera in altri uffici è uguale al cliente esterno, con la differenza che lo si incontra nel “mercato interno” della stessa azienda;
  • Costruire team di lavoro specifici per ogni cliente, composti trasversalmente rispetto agli uffici di provenienza.

2 – Misurazione dei miglioramenti.

Si tratta di una pratica spesso limitata a pochi processi chiave, mentre invece l’ampliamento della sua applicazione contribuisce ad identificare sprechi che non hanno mai trovato evidenza; nel contempo genera insegnamento sugli errori commessi e la conseguente generazione di nuova efficienza sul medio/lungo periodo.

L’avvio diffuso della misurazione di quei processi che non sono mai stati misurati può pertanto rivelare nuovi ed interessanti scenari e generare miglioramenti alimentati da una base oggettiva di dati a supporto.

Tra le pratiche coerenti con questo secondo principio possiamo considerare:

  • La valutazione dei miglioramenti del processo attraverso misurazioni quantitative o qualitative;
  • L’implementazione di una cultura volta alla ricerca dell’eccellenza;
  • Formare e ingaggiare la forza lavoro con l’obiettivo di superare l’approccio che conduce al semplice mantenimento dei normali processi lavorativi, per spingerli a generare su quei processi miglioramenti coerenti e misurabili.

3 – Favorire e promuovere un’ampia partecipazione.

Alla base di una cultura improntata al miglioramento continuo si colloca l’esigenza che le persone siano sempre in grado di contribuire con idee, di condividere osservazioni, di continuare ad apprendere. Promuovere la partecipazione è una delle pratiche lean più preziose e ancora sottovalutate. È una forma di arte che richiede del tempo per perfezionarsi.

Non è infatti possibile migliorare i processi senza il coinvolgimento delle persone che in quei processi sono impegnate e che possono offrire una conoscenza approfondita delle criticità esistenti. Allo stesso modo non è possibile migliorare i processi senza l’impegno, a livello di team in particolare, a voler generare miglioramenti anche introducendo cambiamenti più o meno rilevanti.

I comportamenti in grado di agevolare questo terzo principio possono essere:

  • Orientare in modo strutturale l’intero ambiente lavorativo verso pratiche di lavoro veramente partecipative che prevedano, in funzione delle attività, la formazione di specifici team;
  • Favorire la diffusione dell’apprendimento e del coinvolgimento di tutti gli uffici e di tutte le funzioni;
  • Fare in modo che i dipendenti, senza timori o retaggi di vecchie impostazioni organizzative, inizino a farsi carico dei cambiamenti che avvengono sul posto di lavoro;
  • Spronare le persone a fornire continuamente input (idee, sensazioni, esperienze) in ogni momento in cui si stanno compiendo sforzi finalizzati a generare il miglioramento del processo.

4 – Avviare la standardizzazione dei processi.

La formalizzazione dei processi dovrebbe precedere la loro standardizzazione; i contesti aziendali che non hanno implementato la gestione dei processi dovrebbe prioritariamente impegnarsi in questo senso se l’obiettivo è quello di avviare una Lean Transformation.

Il principio della standardizzazione di processo è utile per far comprendere alle persone come ogni fase del flusso di lavoro si collega a quella successiva. Ciò consente, con più immediatezza, di identificare in prima battura le attività che non generano valore nel processo e valutare quale tipologia di intervento riservare loro per migliorarne i risultati e soddisfare in modo migliore le esigenze dei clienti.

Questo aspetto è molto importante anche come approccio culturale; laddove si identifichino sprechi e attività che distruggono valore significa aver individuato un problema di processo, non un fallimento del team.

I comportamenti coerenti rispetto al principio della standardizzazione dei processi potrebbero essere:

  • Avviare la documentazione di tutti i processi;
  • Favorire la creazione e la diffusione di mappe che diano chiara rappresentazione del flusso di valore per permettere ai team di identificare ciò che è valore e ciò che non lo è;
  • Incoraggiare le persone a dimostrarsi più aperte e disponibili verso nuove modalità di fare le cose;
  • Fare in modo che le persone siamo messe in condizione di comprendere profondamente l’azienda in cui lavorano e non limitare la loro osservazione al contesto in cui svolgono la loro prestazione lavorativa.

5 – Risolvere i problemi applicando sempre un metodo.

Occorre accettare l’idea che le soluzioni ai problemi si riscontrano con maggior successo per opera dei team piuttosto che delle singole persone e da parte di chi effettivamente è impegnato in quel processo rispetto a chi in quel processo è il responsabile.

A prescindere dalla metodologia di analisi del processo adottata con l’obiettivo di ottenere miglioramenti misurabili e sostenibili nel tempo, risulta importante assumere comportamenti che:

  • prevedano l’utilizzo di una metodologia standard di risoluzione dei problemi che inclusa l’analisi delle cause profonde (cause radice);
  • prevedano l’impiego di team trasversali (rispetto a funzioni e uffici) per affrontare problematiche che coinvolgono più aree dell’organizzazione;
  • rendano le attività di problem solving non un momento specifico finalizzato a risolvere una criticità, ma una forma mentis quotidiana.

6 – Ispirare i comportamenti con una leadership imprenditoriale

Abbiamo già avuto modo di parlare di leadership imprenditoriale, identificandola come quella ideale e necessaria, in quanto situazionale, rispetto invece a quei profili sempre più condizionati da mode e tendenze di momento (puoi leggere l’articolo cliccando qui). Nell’ambito di una cultura volta la miglioramento continuo la leadership imprenditoriale assume un ruolo fondamentale, poiché per suo tramite si attiva lo sviluppo e la responsabilizzazione delle persone; nel contempo sostiene e agevola il cambiamento.

I comportamenti coerenti con questo principio possono prevedere:

  • La creazione di una visione del processo condivisa con i membri del team per assicurarsi che sia compresa l’importanza del contributo di ognuno per raggiungerla;
  • L’impegno e l’attenzione dell’organizzazione verso lo sviluppo dei talenti e delle competenze dei membri del team;
  • Il vero riconoscimento del valore delle persone promuovendo, ove necessario, coerenti azioni di inclusione.

 

 

 

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