Risorse Umane: il ruolo nei processi di miglioramento continuo (parte 1) Sebbene generalmente non coinvolte nei processi di lean management, chi nelle aziende si occupa di risorse umane invece può contribuire con particolare rilevanza alla diffusione di una cultura diffusa volta ad estrarre tutto il potenziale umano presente nelle organizzazioni.

Nonostante in molte aziende venga dichiarata l’implementazione di approcci riconducibili al mondo del cosiddetto “miglioramento continuo”, pilastro del TQM (Total Quality Management), si riscontra ancora una rilevante quantità di potenziale umano rinchiuso in attività strettamente definite e in gerarchie tradizionali; ciò contribuisce e alimenta inevitabilmente uno spreco di tale potenziale.

È come se si optasse deliberatamente di stabilire obiettivi e aspettative basse, poiché si sceglie di privarsi di quel tassello fondamentale necessario per dare vita ad un sviluppo senza precedenti della forza lavoro, che va invece orientata in modo strutturale affinché ognuno sia focalizzato sul soddisfacimento del proprio cliente interno e/o esterno.

Il tassello a cui ci riferiamo è quello delle direzioni/uffici delle risorse umane, a cui raramente viene attribuito quel ruolo strategico di governo delle componenti critiche del percorso di miglioramento continuo. Anche in quei contesti aziendali ove si parla di coinvolgimento e condivisione, nella maggior parte dei casi, le risorse umane vengono mantenute a tutti gli effetti non ingaggiate, perdendo così il contributo di una delle componenti più vitali per il raggiungimento della visione agile aziendale.

In realtà invece assumono un ruolo cruciale per il successo dei processi di miglioramento continuo, poiché possono aiutare la forza lavoro a comprendere meglio come opera l’azienda attraverso i processi, come si compongono le attività e quali, tra queste, sono a valore aggiunto. Devono inoltre aiutare ad assumere e seguire lo sviluppo di manager e supervisor che sappiano come guidare i team in una cultura snella.

Perché le risorse umane non sono riuscite a prendersi il loro posto negli sforzi di continuous improvement delle aziende?

In gran parte dipende dal fatto che generalmente i processi di miglioramento vengono avviati a livello di operations, essendo prioritariamente collegati all’obiettivo di ridurre i costi di produzione ed in generale a tutto ciò che configura uno spreco. In considerazione del fatto che le risorse umane non sono considerate parte integrante di tali processi, non è chiaro come o perché le risorse umane dovrebbero essere coinvolte in questa fase. Anche quando si compie quello sforzo in più per distinguere chi crea e chi non crea valore, la maggior parte delle volte il focus è sempre sulla produzione. Ciò rende veramente difficile per le risorse umane comprendere quale dovrebbe essere il loro ruolo.

Quei contesti aziendali che hanno compiuto progressi nel coinvolgimento delle risorse umane nel proprio lavoro di miglioramento hanno invece compreso che, quando si parla di lean management, ci si debba riferire più ad una cultura generale e trasversale volta allo sviluppo del miglioramento continuo, piuttosto che alla mera promozione dell’uso di strumenti, progetti ed eventi lean.

In buona sostanza l’aspetto più complesso si fonda sulla difficoltà di comprendere e applicare totalmente il valore dello sviluppo della forza lavoro; qui si incardinano questioni storiche e ancora radicate nelle gerarchie del top-down management che, sebbene veramente difficili da superare, continuano a limitare il potenziale della forza lavoro. Ciò produce micro-gestioni delle attività dei lavoratori che, nell’ambito del “pezzo” assegnato, eseguono il comando per il raggiungimento dell’obiettivo; tale limitazione riduce notevolmente la loro capacità di contribuire.

Contemporaneamente si riscontra un fattore che porta le risorse umane a non identificarsi nel lean, poiché oggettivamente hanno le giornate occupate in processi lavorativi tradizionalmente di loro competenza: selezione e assunzione di persone, analisi delle prestazioni, gestione dei problemi dei dipendenti, gestione delle sostituzioni, organizzazione dei percorsi di crescita e così via.

Cosa si intende per Lean HR?

Capita di veder utilizzare questo termine per riferirsi all’applicazione alle risorse umane di pratiche agili con l’obiettivo di efficientare i tipici processi a loro afferenti (reclutamento, onboarding, formazione, valutazione delle prestazioni, gestione dei talenti, retribuzione e benefit, sicurezza e conformità). Sebbene tutto questo sia decisamente importante costituisce solamente una parte della questione.

Ci si riferisce invece ad un processo in cui le risorse umane assumono un ruolo di leadership attiva nella Lean Transformation dell’azienda, poiché si collocano nella posizione migliore per ottimizzare i ruoli delle persone, per fare in modo che tutti gli elementi (o gran parte di essi) che caratterizzano il modo in cui le persone lavorano siano in linea con le competenze lean di livello superiore ed in particolar modo con la visione, la missione e gli obiettivi dell’azienda. Nel contempo devono sostenere le transizioni attraverso la “manutenzione” dei leader e la “coltivazione” dei potenziali leader.

In ultimo poi nelle risorse umane deve concentrarsi quello sforzo necessario allo sviluppo e al mantenimento della cultura aziendale. Proprio perché il lean, quello profondo e culturale, riguarda fondamentalmente le persone, sta proprio nelle risorse umane dovrebbe la centralità nei processi di miglioramento continuo.

Il fatto che molte aziende abbiamo implementato logiche lean senza coinvolgere le risorse umane non significa che le risorse umane non possano avere su questo un ruolo trainante. Questo stato non dimostra che non sia necessario, anzi evidenzia una svista macroscopica ed il consolidamento di un diffuso e pericoloso retro pensiero, in base al quale le risorse umane non sarebbero in grado a priori di supportare una trasformazione lean.

Nelle aziende si trova un po’ di tutto. Capita di parlare con persone delle risorse umane che esprimono una sorta di frustrazione nel vedersi sommergere da processi amministrativi, che non lasciano spazio a questioni di respiro più strategico alle cui riunioni non vengono spesso neanche invitati. Capita anche di parlare con altri interlocutori aziendali di livello operativo che esprimono insoddisfazione nei confronti delle risorse umane, spesso identificate come coloro che, poco capaci in questioni strategiche, rallentano o bloccano certe scelte (le mediazioni tra operations e hr sono tipiche in molte aziende, anche molto importanti).

Questi due lati diversi che però esprimono ugualmente insoddisfazione devono necessariamente lavorare insieme con l’obiettivo di superare questa criticità. Può esserci sicuramente un fondo di verità se in una parte significativa di chi opera nelle risorse umane si riscontri fatica a vedere l’azienda dal punto di vista dei propri partner commerciali ad esempio; nel contempo però chi cura aspetti operativi e commerciali non può continuare ad identificare come una sorta di nemico chi si occupa di risorse umane.

Va pertanto nella direzione di risolvere questa criticità la scelta di diverse aziende di favorire che un numero sempre maggiore di persone delle risorse umane vada a misurarsi in ruoli esterni alle hr. È sicuramente una modalità concreta per prepararsi ad espandere il ruolo strategico delle risorse umane e metter in campo qualcosa che ancora molte aziende non si aspettano, l’assunzione cioè di un ruolo strategico di quelle persone nei processi di miglioramento continuo dell’azienda.

Esistono pertanto modi diversi per guardare alle risorse umane e trasformarle in un partner aziendale ad alte prestazioni. Nei prossimi articoli cercheremo di dare un contributo in questo senso.

 

 

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