di David Nerini
19/10/2024
Mi è capitato di rileggere, dopo quasi venti anni, un testo di Peter Drucker[1] sul tema dell’autogestione del manager. L’articolo[2] fu pubblicato nel 1999 sull’Harvard Business Review e oggi mantiene una propria attualità da temperare ovviamente con i fattori di accelerazione di questo decennio.
L’autore fotografa un orizzonte ove le opportunità professionali sono ampie e accessibili a chiunque abbia ambizione e intelligenza, indipendentemente dal punto di partenza. Tuttavia, insieme alle opportunità, ci sono anche grandi responsabilità. Nel contesto attuale, la gestione della carriera dei propri dipendenti non è più fermamente nelle mani delle aziende; i lavoratori della conoscenza[3] devono imparare a essere i CEO di sé stessi. La carriera oggi è un percorso autonomo, e per gestirla efficacemente bisogna acquisire una profonda conoscenza di sé, scoprendo i propri punti di forza e debolezza, capendo come si lavora meglio e dove si può dare il contributo più valido.
Per riuscire a rimanere competitivi e produttivi durante una carriera che può durare anche fino a cinquant’anni, ogni lavoratore della conoscenza deve imparare ad autogestirsi. Questo significa essere in grado di cambiare strada quando necessario, rimanere mentalmente flessibili e continuare a svilupparsi.
Conoscere i propri punti di forza
Uno degli aspetti fondamentali dell’autogestione è la capacità di conoscere i propri punti di forza. Drucker afferma che molte persone pensano di sapere in cosa sono bravi, ma spesso si sbagliano. Infatti, la maggior parte delle persone è più consapevole delle proprie debolezze che dei propri punti di forza. Tuttavia, non si può costruire una carriera di successo basandosi sui propri punti deboli. La performance e il successo derivano dallo sfruttamento delle forze personali.
Drucker introduce un metodo pratico per identificare i propri punti di forza: l’analisi del feedback. Questo consiste nel confrontare le aspettative su una decisione o azione con i risultati effettivi a distanza di nove-dodici mesi. Attraverso questo processo di riflessione costante, si possono identificare con precisione le proprie capacità, migliorare i punti di forza e affrontare le debolezze. Questo metodo fu originariamente sviluppato nel XIV secolo e ha dimostrato di essere uno strumento potente per ottenere una migliore performance individuale.
Una volta individuati i propri punti di forza, la seconda regola è quella di cercare di migliorarli ulteriormente. Si possono colmare le lacune di conoscenza, ma è fondamentale concentrarsi su ciò che già si fa bene per trasformare una buona performance in eccellenza. Si tratta in buona sostanza di superare l’arroganza intellettuale, che spesso ostacola lo sviluppo personale, impedendo l’apprendimento in campi diversi dal proprio. Infine, l’analisi del feedback aiuta a riconoscere quali cattive abitudini limitano la propria efficacia e a correggerle.
Scoprire il proprio metodo di lavoro
Un altro elemento cruciale per l’autogestione è capire come si lavora meglio. Drucker osserva che molte persone non sanno quale sia il loro metodo di lavoro ideale, il che spesso garantisce una performance inadeguata. Sapere come si lavora è importante quanto conoscere i propri punti di forza, poiché un metodo di lavoro sbagliato può ostacolare il successo.
Il modo di lavorare è spesso legato alla personalità e alle esperienze di vita di una persona, ed è raro che cambi significativamente nel corso della carriera. Tuttavia, comprenderlo e adattarlo alle situazioni lavorative può migliorare notevolmente i risultati. Alcune persone lavorano meglio in team, altre preferiscono lavorare da sole; alcuni prosperano come decisori, mentre altri danno il meglio come consiglieri.
Drucker sottolinea inoltre che è importante sapere se si è “lettori” o “ascoltatori”. Conoscere il proprio canale di apprendimento principale è fondamentale poiché da lì passa il modo in cui si acquisiscono e comprendono le informazioni.
I valori personali
I valori personali sono altrettanto importanti quanto i punti di forza e il metodo di lavoro. Drucker afferma che i valori individuali devono essere compatibili con quelli dell’organizzazione in cui si lavora. Se i valori sono in contrasto, il lavoratore sarà inevitabilmente frustrato e inefficace.
Non è raro trovare contraddizioni nei contesti aziendali in questo contesto; quei comportamenti che mortificano i valori dichiarati, soprattutto quando su quei valori è fortemente connesso l’engagement della persona, inquinano la reazione e il senso di appartenenza.
Capire i propri valori e scegliere un ambiente di lavoro che li rispetti è essenziale per avere una carriera soddisfacente e di successo.
Il contributo da dare
Una delle domande più importanti che i lavoratori della conoscenza devono porsi è: “Quale contributo dovrei dare?”. Nella storia, la maggior parte delle persone non doveva porsi questa domanda, poiché il loro ruolo e i loro compiti venivano loro assegnati. Oggi i lavoratori della conoscenza devono prendere l’iniziativa e decidere autonomamente come possono fare la differenza. La risposta a questa domanda richiede una valutazione delle necessità della situazione attuale e di come i propri punti di forza, il metodo di lavoro e i valori possano contribuire in modo significativo.
Drucker racconta l’esperienza di un dirigente appena nominato alla guida di un grande ospedale che era in declino da trent’anni. Il dirigente decise di fissare uno standard di eccellenza per il pronto soccorso, rendendolo un modello di efficienza entro due anni. Grazie a questa concentrazione mirata, l’intero ospedale fu trasformato e tornò a essere un’istituzione rispettata. Questo esempio dimostra che è possibile ottenere risultati significativi concentrandosi su obiettivi chiari e realizzabili nel breve termine che non necessariamente interessano tutta l’organizzazione.
La responsabilità delle relazioni
Nelle organizzazioni le persone lavorano insieme e per questo è fondamentale assumersi la propria responsabilità delle relazioni. Questo implica non solo comprendere i propri punti di forza, il proprio metodo di lavoro e i propri valori, ma anche capire quelli dei propri colleghi, superiori e collaboratori.
Comunicare chiaramente è essenziale per una buona gestione delle relazioni. Drucker suggerisce di spiegare apertamente ai propri collaboratori quali sono i propri punti di forza, come si lavora e quali risultati si intendono ottenere. La stessa trasparenza va richiesta agli altri per creare un ambiente di lavoro basato sulla fiducia reciproca.
La seconda metà della vita
Una parte importante del concetto di autogestione riguarda la gestione della seconda metà della propria vita lavorativa. Quando il lavoro era principalmente manuale, la maggior parte delle persone si accontentava di andare in pensione e di non fare più nulla. Tuttavia, nel contesto moderno, i lavoratori della conoscenza spesso si annoiano dopo aver raggiunto il successo nella prima parte della loro carriera e si trovano a dover affrontare ancora 20 o 25 anni di lavoro.
Drucker suggerisce tre modi per gestire la seconda metà della vita lavorativa. Il primo è quello di continuare la propria carriera in un nuovo contesto o in un settore diverso. Alcune persone cambiano radicalmente professione.
Il secondo modo è sviluppare una carriera parallela. Molti lavoratori di successo trovano un interesse parallelo, spesso nel settore non profit, che permette loro di mantenersi attivi e di contribuire alla società.
Il terzo modo è operare con impatti sociali; si tratta di una figura che emerge soprattutto tra coloro che hanno già ottenuto un grande successo nella loro carriera primaria. Queste persone, pur continuando a svolgere la loro attività principale, avviano iniziative non profit o progetti a scopo sociale.
Conclusione
Drucker conclude che l’autogestione richiede un approccio completamente nuovo alla carriera e alla vita professionale. Non rappresenta solo una necessità individuale, ma un cambiamento che influisce profondamente sulla società nel suo complesso, spingendo verso una maggiore autonomia, flessibilità e consapevolezza di sé. La necessità di autogestirsi rappresenta una rivoluzione nelle dinamiche umane e nel mondo del lavoro, poiché oggi i lavoratori delle conoscenze sopravvivono alle organizzazioni e sono mobili, cambiando ruolo e settore più volte nel corso della loro carriera, attivando anche la costruzione di meccanismi di attrattività nelle aziende per evitare di perdere i propri talenti.
[1] Peter F. Drucker (1909 – 2005) è stato un consulente aziendale, docente e saggista americano di origine austriaca, i cui scritti hanno contribuito ai fondamenti filosofici e pratici del management moderno. Diede inoltre importati contributi sul tema dello sviluppo della formazione manageriale e inventò il modello noto come “gestione per obiettivi” (MbO, Management by Objectives). Alla fine degli Anni 50 coniò il termine di “knowledge workers” (lavoratori della conoscenza).
[2] La responsabilità del Manager: autogestirsi (tratto da Classic Drucker – Harvard Business School Press & Etas, marzo-aprile 1999).
[3] I lavoratori della conoscenza operano, impiegando diverse tipologia di conoscenza per lo svolgimento delle loro attività, nell’ambito di processi immateriali dove la conoscenza è il principale input e output di processo; qui trasformano il proprio mix di conoscenze hard e soft e gli input conoscitivi (dati, informazioni, immagini, concetti, segnali, simboli) in output di altrettanta conoscenza a maggior valore.
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