Premio di Risultato e Welfare Aziendale: la strategia integrata per la competitività Guida operativa alla conversione detassata: vantaggi fiscali, engagement dei talenti e sostenibilità delle politiche retributive nel triennio 2025-2027

di David Nerini
30/08/2025

 

Il welfare retributivo rappresenta oggi una delle leve strategiche più efficaci per l’ottimizzazione del costo del lavoro e il potenziamento dell’employee engagement, particolarmente attraverso la conversione dei premi di risultato in servizi e benefit detassati. La Legge di Bilancio 2025 ha confermato per il triennio 2025-2027 la continuità delle agevolazioni fiscali sui premi di risultato, mantenendo l’aliquota sostitutiva ridotta al 5% e consolidando la possibilità di conversione totale in welfare aziendale con esenzione fiscale completa.

Questa configurazione normativa consente alle aziende di implementare strategie di welfare retributivo che generano un collegamento funzionale strategico tra performance individuale, obiettivi aziendali e soddisfazione dei fabbisogni sociali dei dipendenti, ottimizzando simultaneamente la pressione fiscale complessiva e l’impatto motivazionale delle politiche retributive.

 

Disciplina Generale dei Premi di Risultato

I premi di risultato, disciplinati dall’articolo 1, comma 182 e seguenti della Legge di Stabilità 2016 e successivi aggiornamenti, rappresentano somme erogate ai lavoratori dipendenti in relazione al raggiungimento di incrementi di produttività, qualità, efficienza ed economicità misurabili e verificabili. La normativa vigente, confermata dalla Legge di Bilancio 2025 per il triennio 2025-2027, prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 5% in luogo della tassazione ordinaria, rappresentando un significativo vantaggio fiscale rispetto alle aliquote marginali IRPEF.

La disciplina vigente richiede che l’applicazione del regime agevolato sia subordinata al rispetto di requisiti oggettivi particolarmente rigorosi: il premio deve essere basato su parametri di incremento di produttività, qualità, efficienza ed economicità che siano misurabili e verificabili attraverso sistemi di monitoraggio oggettivi. Il decreto ministeriale attuativo specifica che gli accordi collettivi devono prevedere non soltanto i criteri di misurazione degli incrementi, ma anche la loro verificabilità, escludendo operazioni semplicistiche o standardizzate.

Inoltre, la normativa prevede la necessità di realizzare forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, attraverso modalità organizzative definite contrattualmente che permettano una partecipazione sostanziale dei dipendenti ai processi di miglioramento della produttività e dell’innovazione aziendale.

La conversione del premio di risultato in welfare aziendale beneficia di una totale esenzione fiscale per il 2025, rappresentando un’opzione ancora più vantaggiosa rispetto alla detassazione del premio in denaro. Questa configurazione normativa consente di trasformare integralmente l’importo destinato al premio di risultato in un budget welfare utilizzabile dal dipendente per l’acquisto di servizi e benefit inclusi nel paniere dei fringe benefit detassati.

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5 del 7 marzo 2024 ha fornito chiarimenti specifici sulla disciplina della conversione, confermando che l’opzione di trasformazione deve essere esercitata volontariamente dal lavoratore e che i servizi acquisibili devono rientrare nel perimetro dei benefit detassati definito dall’articolo 51, comma 3, del TUIR.

La Legge di Bilancio 2025 ha confermato per il triennio 2025-2027 le soglie di esenzione fiscale per i fringe benefit: fino a 1.000 euro annui per la generalità dei lavoratori dipendenti e fino a 2.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico[1].

Questa differenziazione, stabilita dall’articolo 1, comma 48, della Legge di Bilancio, risponde alla logica di sostegno alle famiglie e rappresenta un elemento strategico per la personalizzazione delle politiche di welfare aziendale in funzione della composizione demografica della popolazione aziendale. Attenzione però al superamento delle soglie, poiché comporta conseguenze fiscali significative secondo il principio del “tutto o niente”: ossia se il valore totale dei fringe benefit supera la soglia prevista (1.000 o 2.000 euro), l’intero importo diventa imponibile e sarà soggetto a tassazione fiscale e contributiva.

La conversione del premio di risultato in welfare, quando prevista da contratto collettivo, territoriale o di secondo livello, comporta che l’intero importo sia esente da imposte e contributi e, elemento cruciale, non concorre al raggiungimento dei limiti sopra indicati per i fringe benefit ordinari, configurandosi come canale autonomo e aggiuntivo per l’erogazione di servizi detassati. Questa specificità normativa genera evidenti vantaggi in termini di capacità di spesa welfare complessiva per il dipendente, permettendo di cumulare il budget derivante dalla conversione del premio con i tradizionali fringe benefit aziendali.

 

Attenzione ai principi di universalità e non discriminazione

La normativa fiscale stabilisce un principio fondamentale per l’accesso alle agevolazioni: i piani di welfare devono essere rivolti alla generalità dei lavoratori ovvero a categorie omogenee di dipendenti, escludendo qualsiasi forma di individualizzazione selettiva o distribuzione meritocratica. Questo requisito risponde alla logica di garantire equità distributiva e prevenire utilizzi discriminatori degli strumenti di welfare.

Il concetto di “categoria” previsto dalla norma non si limita alle categorie legali tradizionali dell’articolo 2095 del Codice Civile, ma consente l’identificazione di raggruppamenti omogenei di lavoratori definiti secondo criteri oggettivi: funzione aziendale, settore di attività, qualifica professionale, o altre caratteristiche organizzative. Una volta definita la categoria destinataria, tuttavia, l’accesso ai benefici deve essere garantito a tutti i componenti senza distinzioni individuali.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito attraverso specifiche pronunce interpretative la possibilità di configurare piani di welfare con effetto premiante, purché rispettosi del principio di non discriminazione individuale. La soluzione operativa consiste nella possibilità di ancorare l’erogazione del welfare al raggiungimento di risultati collettivi da parte della categoria destinataria: fatturato, obiettivi di qualità, indicatori di efficienza o altre metriche aziendali misurabili.

Questa configurazione consente di mantenere un collegamento tra performance e welfare, trasferendo però la valutazione dal livello individuale a quello collettivo, in coerenza con i principi di solidarietà e non discriminazione che informano la disciplina fiscale.

 

Vantaggi per aziende e lavoratori

Dal punto di vista aziendale, la conversione del premio di risultato in welfare genera benefici fiscali significativi attraverso la riduzione del cuneo fiscale complessivo: l’azienda mantiene la deducibilità integrale del costo sostenuto, eliminando contemporaneamente l’onere contributivo che graverebbe sull’erogazione del premio in denaro.

Questa configurazione consente di massimizzare il valore economico trasferito al dipendente a parità di costo aziendale, generando un effetto leva positivo sulla proposta di valore complessiva e sulla competitività del pacchetto retributivo.

Per il lavoratore, la conversione elimina completamente la tassazione, consentendo di beneficiare integralmente dell’importo destinato al premio, a fronte di una tassazione al 5% nel caso di erogazione monetaria. Considerando le aliquote marginali IRPEF, il risparmio fiscale può essere particolarmente significativo per i redditi medio-alti, rendendo la conversione strategicamente vantaggiosa anche per importi significativi.

La possibilità di destinare il budget welfare a servizi che rispondono a fabbisogni reali e prioritari genera inoltre un impatto qualitativo sulla soddisfazione e sul benessere percepito superiore rispetto al corrispondente valore monetario.

 

Alcune possibili criticità operative

L’implementazione della conversione deve considerare specifiche criticità operative: la volontarietà della scelta da parte del dipendente non può essere condizionata o indirizzata dall’azienda; i servizi devono essere effettivamente utilizzati e non convertibili in denaro; la documentazione amministrativa deve garantire la tracciabilità completa dei servizi erogati per finalità di controllo fiscale.

La cessazione del rapporto di lavoro durante l’anno comporta specifiche complessità nella gestione dei budget welfare residui, richiedendo procedure amministrative ad hoc per la gestione degli adempimenti fiscali e contributivi.

Il sistema di monitoraggio deve garantire la conformità normativa attraverso il tracking puntuale dell’utilizzo dei servizi, la verifica della coerenza con i limiti e le soglie previste, la gestione delle certificazioni fiscali e la produzione della reportistica necessaria per gli adempimenti verso l’Agenzia delle Entrate e l’INPS.

Particolare attenzione deve essere dedicata alla gestione delle modifiche normative e degli aggiornamenti interpretativi delle autorità fiscali, garantendo l’adeguamento tempestivo dei processi operativi e della comunicazione verso i dipendenti.

 

Conclusioni

La conversione dei premi di risultato in welfare aziendale rappresenta una leva strategica di primaria importanza per l’ottimizzazione delle politiche retributive aziendali, combinando efficienza fiscale, soddisfazione dei fabbisogni sociali dei dipendenti e potenziamento dell’employer branding (leggi a proposito questo articolo). La stabilità normativa garantita fino al 2027 consente alle aziende di sviluppare strategie di medio termine, integrando la conversione welfare all’interno di piani di sviluppo organizzativo più ampi.

L’implementazione efficace richiede un approccio metodologico rigoroso (leggi a proposito questo articolo) che parta dall’analisi dei fabbisogni specifici della popolazione aziendale, proceda attraverso la progettazione di un’architettura di servizi personalizzata e si traduca in processi operativi trasparenti, efficienti e conformi alla normativa vigente.

Le aziende che intendono massimizzare il potenziale strategico di questo strumento devono considerare la conversione welfare non solo come mero beneficio fiscale, ma come componente integrata di una strategia di human centrality che colleghi funzionalmente performance, engagement e benessere organizzativo, generando impatti sostenibili sulla competitività e sulla capacità di attrarre e trattenere talenti di qualità.

 

 

[1] Si considerano a carico i figli fino ai 24 anni di età con reddito annuale complessivo non superiore a 4.000 euro, mentre per i figli oltre i 24 anni il limite di reddito si riduce a 2.840,51 euro.

 

 

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