Pensiero Creativo e Pensiero Analitico: le due competenze chiave di cui si stima il maggior fabbisogno nei prossimi anni. Il report del World Economic Forum fornisce questa indicazione in modo molto netto. Inizia pertanto la caccia a queste soft skills e si evidenzia la necessità di specifici interventi in questa direzione da parte del sistema dell’istruzione e della formazione.

di David Nerini
08/12/2024

“C’è un maggiore interesse nell’avere persone con pensiero analitico e creatività”: così afferma Saadia Zahidi, Managing Director del World Economic Forum. L’ultimo report disponibile, The Future of Jobs[1], oltre a continuare a registrare gli impatti della cosiddetta Twin Transition[2], identifica le competenze di cui le aziende dichiarano maggior bisogno di qui al 2027.

Ai primi due posti di questa rilevazione troviamo proprio il Creative thinking e l’Analytical thinking che, insieme ad altre specifiche competenze, risultano fondamentali per affrontare la crescente complessità delle dinamiche aziendali, guidate da innovazione tecnologica, trasformazioni economiche/ambientali e dall’adozione di nuovi strumenti digitali.

Quando parliamo di pensiero creativo ci riferiamo alla capacità di generare idee originali e innovative per risolvere problemi complessi. Trae la propria forza da immaginazione, curiosità e apertura mentale. Si fonda sull’originalità, un pensare “fuori dagli schemi” (intesi come attitudine a creare soluzione nuove e uniche), rilevanza (in termini di capacità di verificare che le soluzioni individuate siano pertinenti ai problemi da risolvere) e adattabilità (come disponibilità a modificare le proprie idee in risposta a nuove informazioni o cambiamenti nel contesto).

Le organizzazioni aziendali sono ambiti particolarmente adatti per accogliere questo tipo di pensiero. Si pensi, tra le diverse applicazioni, ad esempio a:

  • Sviluppo di prodotti, per generare design e funzionalità unici che rispondano alle esigenze dei clienti.
  • Marketing e branding, per creare campagne in grado di catturare l’attenzione e di costruire un legame emotivo con il pubblico.
  • Cultura aziendale, per promuovere un ambiente di lavoro che incoraggi l’innovazione, la sperimentazione, la contaminazione e l’accoglienza.
  • Risoluzione di problemi complessi, per affrontare le sfide con prospettive nuove per identificare soluzioni efficaci.

Se ci riferiamo invece al pensiero analitico parliamo della capacità di esaminare dati e informazioni in modo logico e strutturato, identificare schemi, formulare previsioni e trarre conclusioni fondate. Permette l’analisi consapevole di dati complessi, la scomposizione di problemi in parti meglio gestibili per analizzarne ogni aspetto, la valutazione di opzioni e conseguenze per operare scelte basate su dati concreti, un orientamento al dettaglio per identificare errori e opportunità, il riconoscimento di tendenze e relazioni tra variabili.

Nei contesti aziendali è cruciale per sfruttare al meglio l’enorme mole di dati disponibili, raccolti anche attraverso strumenti di business intelligence, legandosi a tutte quelle attività che richiedono precisione, logica, ponderatezza, ad esempio:

  • Ottimizzazione dei processi, nelle analisi dei flussi di lavoro per identificare aree di miglioramento e aumentare l’efficienza.
  • Decision making, nell’utilizzo dei dati per prendere decisioni strategiche informate
  • Gestione del rischio, per identificare e mitigare potenziali minacce grazie all’analisi predittiva.
  • Valutazione delle performance, nel misurare l’efficacia delle strategie aziendali attraverso l’analisi dei risultati.

Il Report del WEF evidenzia che il 44% delle competenze lavorative sarà soggetto a disruption nei prossimi cinque anni, rendendo urgente la necessità di investire su un set di competenze in grado di armonizzarsi con il cambiamento in atto. Serve alle persone per garantirsi una competitività nel mercato del lavoro, serve alle aziende per continuare a essere protagoniste nel proprio ambiente competitivo, serve ai sistemi pubblici e privati dell’istruzione e della formazione per progettare un’offering coerente con lo scenario che va componendosi.

Pensiero creativo e analitico vengono utilizzati anche inconsapevolmente ma, in considerazione della specifica centralità che vanno assumendo, può essere utile provare a circoscriverli, a riconoscerli e conseguentemente a svilupparli.

Può essere a tale scopo interessante concepire la creatività come un processo, come suggerito nel libro The art of creative thinking[3] di John Adair, riflettendo sul fatto che la creatività parte da ciò che esiste già, combinando idee e materiali in modi nuovi e utili. Non si tratta di creare dal nulla, ma di riconoscere connessioni invisibili ad altri. Ciò significa che il pensiero creativo è un’abilità che può essere coltivata attraverso consapevolezza, esercizio e sperimentazione.

Possiamo ad esempio considerare specifiche tecniche per pensare in modo creativo, ad esempio:

  • Mediante l’uso delle analogie, trasferendo principi da un contesto all’altro, come dimostrato da inventori come Jethro Tull (un agricoltore britannico del XVIII secolo che sviluppò una seminatrice meccanica ispirandosi ad una parte di un organo musicale) o Soichiro Honda (fondatore della Honda Motor Company, che trovò ispirazione per il design della parte anteriore di una motocicletta cogliendo nell’armoniosità della statua del Buddha le forme che non era riuscito a dare fino a quel momento)
  • Ampliando la prospettiva, guardando cioè oltre i confini del proprio settore per trovare ispirazione anche e necessariamente in altre discipline.
  • Praticando la serendipità, ossia abituandoci ad accogliere l’inaspettato e il casuale, anche quando si manifestano in contesti apparentemente rigidi e ufficiali, rimanendo aperti alle opportunità impreviste.

La tool box del pensiero creativo contiene, tra le varie cose, l’osservazione consapevole (imparare cioè a vedere ciò che spesso passa inosservato), l’ascolto attivo (abituarsi a prestare attenzione a tutte le forme in cui acquisiamo le informazioni in un scambio comunicativo) e l’annotazione (per catturare idee, riflessioni e ispirazioni).

Nel contempo occorre tollerare l’ambiguità (accettando pertanto l’incertezza come parte integrante del processo creativo), coltivare la curiosità (mantenendo vivo l’interesse per tutto ciò che ci circonda, alimentando sempre il desiderio di apprendere) e non aspettare l’ispirazione (poiché la creatività è il risultato di uno sforzo costante, non di momenti casuali).

Per quanto riguarda il pensiero analitico dobbiamo accettare che tutti siamo esposti a pregiudizi, bias, assunzioni errate o informazioni incomplete. Questo può portare a scelte sbagliate, configurate in errori che impattano negativamente sull’efficienza e la qualità, nonché in termini di maggiori costi. Si può pertanto imparare a pensare in modo analitico. In tal senso qualche suggerimento si può cogliere nel libro The thinker’s guide to analytic thinking[4] di Linda Elder e Richard Paul.

L’importanza del pensiero analitico, soprattutto in una fase in cui i big data giocano un ruolo cruciale, si fonda sulla sua capacità di impattare in termini di riduzione degli errori, di orientare verso decisioni migliori e di maggior chiarezza. Secondo gli autori, ogni processo mentale è composto da otto elementi fondamentali. Comprenderli ci permette di “smontare” il pensiero per migliorarne la dimensione analitica:

  1. Scopo: Chiarire l’obiettivo del ragionamento.
  2. Domanda: Identificare i quesiti cruciali.
  3. Informazioni: Raccogliere dati rilevanti e verificabili.
  4. Concetti: Capire le idee chiave utilizzate nel ragionamento.
  5. Inferenze: Trarre conclusioni basate sui dati.
  6. Assunzioni: Riconoscere ciò che diamo per scontato.
  7. Prospettiva: Considerare diversi punti di vista.
  8. Implicazioni: Esaminare le conseguenze delle decisioni.

Quando il pensiero non è analitico, possono emergere rischi legati al manifestarsi di pregiudizi e distorsioni, poiché approcci non strutturati possono incorporare opinioni personali o informazioni parziali. Aumenta inoltre la concentrazione di errori decisionali, ossia scelte effettuate sulla base di assunzioni non verificate o dati incompleti che possono variamente impattare (costi più alti, danni alla reputazion). Può emergere inoltre, all’interno del team e in generale in tutti gli stakeholder, la percezione di mancanza di coerenza, ovvero le decisioni possono apparire slegate tra loro o poco comprensibili, alimentando così un senso di sfiducia.

La vera forza delle aziende risiede nella capacità di integrare queste due modalità di pensiero. Una mente analitica può valutare le idee generate attraverso il pensiero creativo, assicurando che siano praticabili e strategicamente valide. Questo approccio combinato permette non solo di generare molteplici soluzioni innovative, ma anche di selezionare quelle più efficaci da implementare. In questo senso, il pensiero creativo stimola l’innovazione, mentre il pensiero analitico garantisce che tali innovazioni siano sostenibili e basate su una solida analisi.

In conclusione, nel panorama aziendale contemporaneo, ma anche in tutte le iniziative di startup innovative, le competenze di pensiero creativo e analitico non sono solo desiderabili, ma essenziali per il successo. Il campione di aziende oggetto di analisi nel report periodico del Word Economic Forum esplicita poi chiaramente la centralità di queste soft skills per affrontare le sfide future, promuovere l’innovazione e mantenere nel tempo un vantaggio competitivo.

 

[1] World Economic Forum, Future of Jobs Report 2023, Cologny/Geneva, Switzerland.

[2] La transizione che si sdoppia in una simbiosi tra transizione tecnologico-digitale e ambientale, che stimola una modernizzazione dei processi produttivi attraverso l’implementazione di modalità e strumenti volti a rendere la società, le aziende, le organizzazioni e i comportamenti delle persone più sostenibili.

[3] Adair, J. (2007), The art of creative thinking, Kogan Page Limited

[4] Elder L., Paul R., (2014), The thinker’s guide to analytic thinking, The Foundation for Critical Thinking.

 

 

DISCLAIMER

I testi contenuti sul blog www.pwep.it sono di proprietà dell’autore che non autorizza in nessun modo il loro utilizzo per finalità commerciali, se non in virtù di espressa autorizzazione a seguito di formale richiesta inviata a info@pwep.it. Al di fuori di queste finalità il lettore è autorizzato a fare uso dei contenuti rendendo noto che sono tratti dal blog www.pwep.it, nonché a postare gli articoli su canali social utilizzando i relativi pulsanti di condivisione.