I fondi pensione preesistenti Categoria particolare ed eterogenea di fondi pensione collettivi che costituiscono i precursori delle forme di previdenza complementare comunemente note.

I fondi pensione preesistenti sono forme pensionistiche complementari collettive che, come suggerisce il nome, erano già presenti e operative prima dell’introduzione del D. Lgs. n. 124/1993, attraverso il quale viene introdotta nel nostro paese la prima disciplina organica della materia. A dire il vero la data che funge da spartiacque è il 15 novembre 1992, epoca in cui venne emanata la legge delega che portò alla nascita del decreto legislativo del 1993; pertanto questa tipologia di fondi pensioni sono quelli già esistenti prima di tale data.

In larga parte, si tratta di fondi pensione istituiti all’interno di grandi aziende, di gruppi societari (si pensi alle banche, alle compagnie di assicurazione, ai contesti aziendale di respiro multinazionale) oppure destinati a specifiche categorie di lavoratori (ad esempio i dirigenti).

Possono essere fondi autonomi, ossia dotati di soggettività giuridica (nella forma di associazioni non riconosciute, associazioni riconosciute, fondazioni) o fondi interni, costituiti cioè all’interno della società stessa come patrimonio separato ex art. 2.117 c.c. oppure come posta contabile collocata nel passivo dello stato patrimoniale.

La normativa definitiva che ha dato avvio al sistema della previdenza complementare si è avuta poi con il D. Lgs. n. 252/2005 che, in materia di fondi preesistenti, sceglie di concedere un’operatività in parziale deroga alla disciplina generale, avviando un progressivo allineamento poi definito attraverso il D.M. n. 62/2007, partendo proprio dal trasferimento sulla COVIP della vigilanza sui fondi interni bancari e assicurativi, in precedenza sottoposti rispettivamente alla supervisione della Banca d’Italia e dell’ISVAP.

 

Distinzione in base al regime previdenziale adottato.

I fondi pensione preesistenti si distinguono in tre grandi categorie sulla base del regime previdenziale rispetto al quale è calcolata la rendita pensionistica. Avremo pertanto:

  • fondi a contribuzione definita quando la rendita pensionistica è commisurata al capitale accumulato (versamenti e rendimenti della gestione finanziaria), che è la modalità applicata a tutti i fondi nati a seguito della riforma. In questa modalità possono raccogliere nuovi aderenti nell’ambito della platea di riferimento del fondo (settore o azienda), senza però possibilità di estenderla oltre tale limite;
  • fondi a prestazione definita quando l’entità della rendita pensionistica è prefissata e corrisponde generalmente ad una percentuale della retribuzione o della pensione obbligatoria dell’aderente. Con la riforma del 2005 il Legislatore ha vietato che tali tipologia di fondi possano acquisire nuove adesioni; si tratta pertanto di una tipologia specifica destinata nel tempo a scomparire;
  • fondi misti, quando al loro interno prevedono la regolamentazione di entrambe le tipologie.

Come per le altre forme previdenziali collettive i versamenti relativi ai lavoratori dipendenti sono determinati in sede di contrattazione (aziendale o di settore) in percentuale della retribuzione percepita. Le fonti contributive sono pertanto costituite dal:

  • TFR maturato dopo l’adesione;
  • Contributo del datore di lavoro;
  • Contributo del lavoratore.

Se a livello statutario il fondo lo prevede è inoltre possibile iscrivere anche i familiari a carico dell’aderente.

Anche qui l’aderente può versare soltanto il TFR; in tal caso il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il proprio contributo, che scatta solo in casa di versamento volontario del lavoratore.

 

Modalità di gestione delle risorse da parte dei fondi preesistenti.

I Fondi pensione preesistenti possono gestire le risorse finanziarie secondo queste modalità:

  • interna, in modalità pertanto diretta
  • mediante convenzioni periodiche con società specializzate (Banche, Assicurazioni, SIM, SGR)
  • mediante la stipula di contratti assicurativi di “ramo 1” (assicurazioni sulla durata della vita umana), di “ramo 3” (unit linked) e di “ramo 5” (operazioni di capitalizzazione) del Codice delle assicurazioni private.

Possono inoltre effettuare investimenti immobiliari sia in forma diretta, sia attraverso partecipazioni (anche di controllo) in società immobiliari, sia tramite quote di fondi immobiliari; tali investimenti in ogni caso sono limitati a non oltre il 20% del patrimonio del fondo pensione.

Qualora a livello statutario sia previsto possono concedere prestiti per ammontare limitato fissato sulla base di specifici parametri definiti dalla COVIP.

 

Le prestazioni dei fondi preesistenti.

Al momento del pensionamento le prestazioni a favore dell’aderente sono due:

  • Rendita, rispetto alla quale i fondi possono effettuare direttamente il pagamento oppure avvalersi di compagnie di assicurazione con le quali stipulano apposite convenzioni in tal senso. Non molti sanno che l’aderente che abbia maturato il requisito di accesso alla pensione pubblica può anche trasferire la propria posizione individuale presso un’altra forma pensionistica complementare in presenza di condizioni più favorevoli nell’erogazione della rendita. Per le diverse tipologie di rendita leggi qui.
  • Capitale, fino a un massimo del 50 del montante accumulato Se la conversione in rendita del 70% del montante accumulato risulta inferiore alla metà dell’importo annuo dell’assegno sociale la prestazione può essere erogata interamente in un’unica soluzione. Gli aderenti iscritti prima del 29/04/1993 a una forma pensionistica già istituita già alla data del 15/11/1992 possono richiedere la liquidazione dell’intera prestazione in capitale.

Prima del pensionamento le prestazioni a favore dell’aderente sono:

  • Rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), che costituisce una erogazione frazionata del montante accumulato sotto forma di rendita fino al conseguimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia. È una prestazione che può essere riconosciuta in presenza di specifici requisiti cessazione dell’attività lavorativa; raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi alla cessazione dell’attività lavorativa, almeno 20 anni di contribuzione nei regimi obbligatori di appartenenza, almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare. In alternativa ai requisiti detti: cessazione dell’attività lavorativa; inoccupazione per un periodo superiore a 24 mesi; raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi al compimento del periodo minimo di inoccupazione; almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare.
  • Anticipazioni sulla propria posizione individuale maturata (ad esempio per spese sanitarie, per acquisto e/o ristrutturazione della prima casa di abitazione);
  • Riscatto parziale o totale della posizione individuale maturata.

Per la tassazione delle prestazioni leggi qui.

 

I fondi preesistenti oggi.

Il loro numero negli ultimi dieci anni è diminuito. Oggi sono 191, il 65% sono autonomi, il resto sono di tipo interno. Sono poco più di 676.000 gli aderenti, quasi nella totalità iscritti alla prima tipologia.

Un centinaio sono a contribuzione definita (di cui solo 2 con erogazione diretta delle rendite), 75 sono a prestazione definita, il resto sono misti. Quelli a prestazione definita per l’80% sono interni.

Complessivamente le risorse destinate alla prestazioni da parte di questi fondi sono poco più di 64 miliardi di euro, di cui solo poco più di 1 miliardo in capo ai fondi interni.

 

 

 

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