“Bruciare le Navi”: una strategia per sbloccare al massimo il potenziale. Esiste una strategia contro intuitiva ma efficace usata ampiamente nella storia per superare ostacoli apparentemente impossibili e raggiungere successi importanti: eliminare ogni pensiero di ritirata.

di David Nerini
21/11/2024

Si è rilevata particolarmente interessante la lettura del libro “Burn the Boats: toss plan B overboard and unleash your full potential”[1] di Matt Higgins, per la sua capacità di trasmettere con efficacia l’importanza che può avere l’atteggiamento rivolto al superamento dei propri limiti mentali e all’adozione di approcci più audaci e radicali alla vita, al lavoro e all’innovazione.

L’idioma “burn the boats” è un’espressione simbolica che si riferisce alla scelta, concepita con consapevolezza, di eliminare ogni via di ritorno, forzandosi a concentrarsi completamente su un obiettivo e a dedicarsi interamente al successo di un’impresa. Questo concetto si rintraccia in diversi episodi storici e strategici che, nel tempo, sono diventati vere e proprie metafore universali di determinazione, coraggio e focalizzazione estrema. Vediamone alcuni:

  • Sun Tzu e l’arte della guerra. In questo testo si parla anche di generali che conducono i propri eserciti in territori ostili, bruciando barche e provviste per rendere impossibile la ritirata. Questa tattica spinge i soldati a combattere con una determinazione feroce, sapendo che non ci sono alternative alla vittoria.
  • Giulio Cesare in Britannia. Nell’ambito delle spedizioni romane in Britannia guidate da Giulio Cesare (55 e 54 a.C.) in seguito allo sbarco vennero bruciate le navi per eliminare la possibilità di ritirata. Questo gesto motivò le truppe a combattere con tutto il loro impegno, poiché la sola opzione era vincere o morire.
  • Hernán Cortés e la conquista del Messico. Nel caso del condottiero spagnolo si riscontra ancora la scelta, nel 1519, di distruggere le navi; la strategia permetteva di rimuovere alternative come la ritirata, costringendo così le truppe ad impegnarsi solo verso azioni di conquista.

In buona sintesi il “bruciare le navi” rappresenta la volontà di andare fino in fondo, rinunciando alle sicurezze e alle vie di fuga che spesso ci trattengono. È una filosofia che sfida la confort zone per aprire la strada a risultati straordinari. In un mondo dominato da incertezze, rappresenta il coraggio di scommettere su se stessi e di affrontare il cambiamento con determinazione assoluta. Abbracciare questo approccio significa vivere con intenzione, identificare opportunità nelle crisi e dimostrare che il successo autentico richiede impegno totale. In altre parole significa:

  • Superare la paura del fallimento: Quando non ci sono opzioni di riserva, si è costretti a trovare soluzioni nuove e innovative.
  • Focalizzarsi sull’obiettivo principale: La presenza di alternative può distrarre, mentre essere consapevi del fatto che non esiste una soluzione alternativa (il famoso piano B) elimina le possibili esitazioni.
  • Concepire l’incertezza come leva di crescita: Questo approccio richiede coraggio e accettazione del rischio, ma crea un terreno fertile per il successo.

L’idioma ha applicazioni pratiche nel mondo del management, della leadership e della crescita personale:

  • In ambito aziendale un leader può “bruciare le navi” investendo completamente in una nuova strategia o abbandonando un mercato consolidato per entrare in un settore innovativo.
  • Nello sviluppo personale significa prendere decisioni che costringono a crescere. Ad esempio, lasciare un lavoro sicuro per avviare un’impresa o trasferirsi in un nuovo paese senza un piano preciso. Questi atti richiedono di credere fermamente nelle proprie capacità e visioni.
  • Nell’innovazione e nell’imprenditoria capita di cogliere persone in grado di rinunciare alle garanzie di un percorso stabile per perseguire idee visionarie.

Secondo l’autore, il problema risiede nella mentalità che accompagna la presenza di un piano alternativo: l’esistenza di una via d’uscita diminuisce l’impegno totale verso l’obiettivo principale, diluendo la concentrazione e la determinazione necessarie per affrontare le sfide. È come se inconsciamente non si è portati a dare il massimo, perché la mente percepisce che c’è sempre una via di fuga. Questo senso di sicurezza crea un’area di comfort psicologico che può ostacolare la performance ottimale.

Elaborare e mantenere un piano B richiede tempo, energia e risorse mentali. Questi elementi, invece di essere interamente dedicati al piano A, vengono dispersi, diminuendo la probabilità di successo.

Avere un piano B implica, almeno implicitamente, che si dubiti della propria capacità di realizzare il piano A. Questo dubbio, anche se minimo, può erodere la fiducia in sé stessi e compromettere l’azione decisa.

Va però nello stesso tempo considerato che la mancanza di un piano di riserva può portare a fallimenti disastrosi in assenza di preparazione o resilienza. Perciò, l’approccio deve essere bilanciato da una preparazione strategica che, pur non prevedendo un’alternativa operativa, mantiene una visione chiara e preserva risorse per affrontare gli ostacoli e fornisce idonee capacità di adattamento in termini di attitudine a sviluppare una dedizione flessibile all’obiettivo.

Nel testo vengono identificati tre drivers fondamentali:

  1. Tuffati (Get in the water). Si tratta di dare fiducia al proprio istinto e agire nonostante la paura e l’incertezza. Questa leva è utile a superare il primo e più difficile ostacolo: iniziare. Spesso, ciò che blocca il cambiamento non è l’assenza di opportunità, ma il timore di fallire o di abbandonare la sicurezza. È invece fondamentale definire una chiara visione, avere un obiettivo ben definito, poiché la visione deve nascere da motivazioni personali profonde, legate ai propri talenti e alle proprie esperienze.
  2. Non guardare indietro (No turning back). In questo ambito è fondamentale abbandonare quei modelli comportamentali che ostacolano il processo avviato. Se ci pensiamo bene, una volta iniziato il viaggio, non si dovrebbe permettere ai ripensamenti di agire in senso contrario; ci saranno sicuramente difficoltà, ma vanno affrontate con una mentalità positiva e resiliente. C’è una componente tipicamente umana che va affrontata; si tratta dell’ansia, che non deve essere vista come un ostacolo, ma come una forma di energia che, se canalizzata correttamente, può alimentare creatività e azione. Oltre alle difficoltà si dovranno affrontare anche le crisi; aspetti inevitabili che possono celare vere e proprie opportunità di crescita.
  3. Costruisci nuove navi (Build more boats). Ci si riferisce alla capacità di consolidare i successi e i risultati (evitando cioè di vivere di rendita), collaborare con altri e puntare su obiettivi più grandi in grado di mantenere attivo il percorso di crescita, che deve includere la capacità di collaborare con gli altri e di ricercare relazioni con menti brillanti ricche di talento. Si tratta di sviluppare un fiducia verso il proprio istinto, di lottare contro i propri demoni responsabili di insicurezze e influenze negative e di abituarsi a prendere decisione coraggiose, calate in assenza di dati completi.

Da questa lettura, in un’epoca di incertezze globali, mettiamo nella nostra “tool box” anche questa prospettiva radicale, ma incredibilmente pratica, fondata sull’eliminazione dei piani di riserva. Non si tratta di incoscienza, bensì di concentrare tutte le risorse mentali e fisiche verso l’obiettivo, trasformando il rischio in opportunità e il fallimento in apprendimento.

In effetti esiste una correlazione tra crescita personale e accettazione del disagio dell’incertezza. Non basta infatti gestire i cambiamenti, occorre anticiparli, guidarli e, quando necessario, crearli. Nella leadership questa impostazione può configurare anche un segno di distinzione, di audacia e protagonismo.

 

[1] Higgins, Mat (2023), Burn the Boats: toss plan B overboard and unleash your full potential, HarperCollins Publishers Inc.

 

 

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