Sei azioni per la costruzione di un piano di welfare aziendale Partire con il piede giusto. Ricercare la profondità del bisogno sociale dei dipendenti. Analizziamo i sei passi necessari per costruire ed introdurre nel migliore dei modi un piano di welfare in azienda.

Tra le tante definizioni di welfare aziendale scegliamo quella che lo identifica come un sistema variegato di somme, prestazioni, servizi, opere e beni che un’azienda sceglie di mettere a disposizione dei dipendenti nell’ambito di una strategia di osservazione, attenzione, cura e valorizzazione dei loro bisogni sociali.

La lettura dei bisogni sociali può essere fatta orizzontalmente, misurandone pertanto l’ampiezza, e verticalmente, misurandone invece la profondità.

Nel primo caso siamo di fronte ad un panel numeroso e diversificato di servizi di assistenza sanitaria, di somministrazioni di vitto, di servizi di trasporto collettivo, di servizi di trasporto pubblico, di servizi di educazione ed istruzione (asili, ludoteche, centri estivi/invernali, borse di studio, tasse universitarie, libri di testo, baby sitting), di oneri di utilità sociale (corsi di lingua ed informatica, palestre, circoli sportivi, corsi di contenuto extraprofessionale, abbonamenti cinema musei e mostre, medicina preventiva e diagnostica, cure odontoiatriche/pediatriche/specialistiche), di servizi di assistenza (gestione familiari anziani o non autosufficienti), di LTC (long term care) e great disease, di previdenza complementare, di spese sanitarie, di fringe benefit (buono carburante, buono spesa, cesta natalizia), di uso autoveicoli, di prestiti, di concessione fabbricati.

È facilmente intuibile che, se l’obiettivo aziendale non è quello di far accedere semplicemente i propri dipendenti a questi servizi ma di creare un collegamento funzionale con i valori guida dell’azienda, la dimensione del bisogno sociale debba essere letta in termini di profondità.

L’individuo infatti vive contestualmente la comunità fuori dall’azienda e la comunità dell’ambiente di lavoro; entrambe lo espongono a pressioni che generano il conflitto tra vita e lavoro. Ogni individuo lo vive a modo proprio, diviene pertanto fondamentale cogliere quella selezione di bisogni in grado di mitigarlo in una logica di conciliazione tra vita e lavoro (work life balance). Il successo dell’implementazione di un piano di welfare aziendale così orientato produce l’engagement, ossia capacità dell’azienda, per il tramite del proprio modello interno, di creare relazioni solide e durature con i propri dipendenti fino a stabilire un legame e la creazione di un valore riconosciuto internamente e riconoscibile esternamente.

Occorre però attribuire al piano di welfare aziendale il giusto peso per evitare di caricarlo di aspettative che inevitabilmente non si realizzeranno. Lo strumento non può eliminare tutte le componenti psicosociali della vita in azienda che dipendono da una moltitudine di fattori, taluni anche combinati in modo contradditorio. Ciononostante questi strumenti sono in grado, se ben pensati e realizzati, di produrre esiti talvolta sorprendenti.

Parola d’ordine: partire con lo piede giusto. E quindi?

  1. Inquadramento e perimetrazione

L’azienda deve avviare una riflessione volta ad individuare gli obiettivi che intende perseguire con l’introduzione di un piano di welfare aziendale. (performance, produttività, motivazione, retention, change management, saving nella politica retributiva, corporate social responsability, miglioramento dell’immagine, modulazione dello stress, miglioramento clima, riduzione conflittualità).

Nel contempo deve definire le tempistiche ed il budget dedicato al progetto. In questa fase è inoltre utile individuare gli eventuali consulenti esterni che accompagneranno il percorso.

  1. Analisi e benchmarking

Occorre analizzare la popolazione dei dipendenti in termini socio/demografici, di tipologia di rapporti di lavoro, di inquadramento contrattuale ed identificare la metodologia più opportuna per rilevare i fabbisogni. Può essere utile partire da un’intervista con l’HR Manager o con il titolare della delega sul personale, predisporre questionari collettivi e focus group. I bisogni rilevati vanno analizzati ed organizzati in un report. A questo punto può essere utile analizzare piani di welfare aziendali esistenti attivi in altri contesti aziendali, soprattutto quando si riferiscono ad aziende rientranti nel medesimo raggruppamento strategico.

  1. Progettazione

In questa fase occorre definire le caratteristiche del piano di welfare aziendale, in particolare se configurarlo in modo volontario (disciplinato pertanto da regolamento aziendale) o contrattato (risultato cioè di un accordo sindacale). Questa seconda opzione permette di cogliere tutte le opportunità derivanti dal potenziale dello strumento, anche per effetto di una legislazione di vantaggio.

Occorre definire le prestazioni, le misure e le loro modalità di erogazione (diretta, rimborso, voucher, credito). Vanno identificate le platee dei beneficiari e occorre valutare la scelta dell’eventuale provider. Non va sottovalutata la possibilità di entrare in reti territoriali già esistenti, soprattuttoin caso di azienda sia di piccole dimensioni. A completamento va definito il modello di comunicazione interno ed esterno.

  1. Implementazione

Si tratta di una fase fondamentale poiché richiede la più efficace combinazione di contenuti per essere pervasiva, convincente, percepita come realmente in grado di rispondere a fabbisogni reali. La presentazione del piano ai dipendenti deve evidenziare le caratteristiche, i contenuti, le modalità di accesso e utilizzo, la piattaforma gestionale e gli obiettivi perseguiti.

Non va sottovalutata la previsione di una promozione interna coerente con un’efficace manualistica e con l’identificazione di più referenti (navigator), oltre naturalmente all’ufficio dedicato, scelti per l’entusiasmo evidenziato nella partecipazione ai focus group e non per il ruolo svolto in azienda.

Con il piano operativo occorre organizzarsi immediatamente per la gestione delle eventuali problematiche. Come si organizza un’azienda che lancia un prodotto sul mercato in termini di assistenza customer care? Evidentemente con tutte le accortezze del caso: il piano di welfare è come un prodotto che invece di essere collocato all’esterno viene collocato nel mercato interno (l’azienda) e richiede le medesime attenzioni.

  1. Misurazione e monitoraggio

In questa fase è importante la rilevazione dei dati sull’utilizzo delle prestazioni e della misure previste dal piano di welfare aziendale: tipologia di servizi richiesti, frequenze di utilizzo, incidenza delle problematiche, feedback sui fornitori dei servizi previsti nel piano. Durante questa fase potrebbe essere necessario predisporre interventi di correzione in itinere.

È inoltre il momento di iniziare l’analisi della coerenza del piano con gli obiettivi fissati e di avviare la rilevazione del livello di successo tra i lavoratori per essere in grado di formulare un report conclusivo.

  1. Risultati

I risultati raggiunti richiedono un’analisi approfondita soprattutto con riferimento a kpi critici quali ad esempio performance, assenteismo, employee satisfaction index. Qui si rileva se il piano di welfare aziendale è stato in grado di imprimere dinamiche evolutive.

Sarà scelta del management optare per efficaci canali di comunicazione interna e/o esterna dei risultati raggiunti. I risultati inoltre devono essere letti in prospettiva per cogliere l’esigenza di predisporre interventi migliorativi a livello di progettazione ed implementazione.

 

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