Costruire la cultura della fiducia nella squadra: i principi guida. Ci sono comportamenti che risultano necessari per realizzare una leadership partecipativa in grado di garantire nel tempo il coinvolgimento dei collaboratori.

Le crescite sostenibili di lungo termine delle aziende dipendono anche dalla loro capacità di coinvolgere i dipendenti e di generare una cultura (modo formale e informale che esprime il “come qui si fanno le cose”) in cui sentirsi a proprio agio. Tutto ciò che nelle aziende viene battezzato come “sfida”, quasi a riconoscerne a priori le difficoltà di realizzazione, spesso risulta mancante di una vera e propria disponibilità all’ascolto della forza lavoro, come anche del porsi nei confronti della stessa in modo empatico.

Una delle cose che più spesso si vede disapplicare è proprio quell’azione volta a “catturare” le idee dei dipendenti, acquisirle come vere e proprie risorse, metterle al servizio del sistema cognitivo (apprendimento continuo dell’azienda nel fare) e del sistema autopoietico (capacità di evolvere dell’azienda partendo da se stessa).

Possiamo provare ad individuare alcuni punti fermi, formulandoli in affermazioni nette, che costituiscono fondamenta necessarie per la costruzione del coinvolgimento:

  • Le persone sviluppano motivazione quando le loro opinioni vengono prese in considerazione.

Quando ai dipendenti si chiede un feedback o di esprimere le loro idee occorre dimostrare rispetto per la loro esperienza e per il mix di compente/conoscenze/abilità che esprimono. Il fatto che le opinioni espresse non trovino mai acquisizione ed elaborazione per la risoluzione di un problema o come nuova best practice significa sottovalutare un fattore determinante per il mantenimento nel tempo dell’engagement.

  • Le persone sviluppano motivazione se vengono coinvolte.

Un gruppo di lavoro affiatato, vincente, performante nel tempo richiede di essere tenuto aggiornato sullo stato di avanzamento di una commessa, sulle criticità esistenti e sulle relative azioni implementate per superarle, sulle motivazioni che hanno portato una direzione ad assumere certi comportamenti e prevedere determinate strategie. In altre parole si tratta, ancora una volta, di praticare il rispetto e di comunicare fiducia; ciò agisce come acceleratore del senso di appartenenza.

  • Le persone sviluppano motivazione nel sentirsi parte di una squadra.

Stare bene in un team significa volerlo anche veder vincere. Sia nel caso di raggiungimento di un obiettivo che di superamento di una minaccia, il fatto di affrontare insieme una sfida genera produzione di energie. Le diversità presenti nel team sono da tutti note e riconosciute, divengono inedite fonti di ricchezza; può crearsi su queste dinamiche anche un clima cameratesco che, associato al raggiungimento degli obiettivi, produce ricordi unici. Fiducia, connessione, successo si trasformano in collanti straordinari e, progressivamente, fanno emergere lo stimolo ad alimentare un percorso che nei fatti è di miglioramento continuo (kaizen).

 

Occorre poi alimentare le costruzione della cultura della fiducia nei membri del team attraverso una serie di comportamenti da parte di colui/colei che guida la squadra. È necessario in particolare avere sempre la consapevolezza del fatto che i comportamenti assunti dal leader hanno il potere di creare e distruggere la fiducia.

Le azioni poste in essere e le parole dette costituiscono forme incontestabili di visibilità attraverso le quali il leader viene visto, percepito, interpretato, vissuto. Si tratta principalmente di dare continuità alla propria azione quotidiana fino a generare una storicità comportamentale che evidenzi coerenza ed affidabilità nel tempo; ciò si traduce in riconoscibilità. Tale aspetto richiede una consapevolezza del ruolo da parte del leader associato alla piena comprensione del contesto operativo sulle direttrici verticali, orizzontali e trasversali dell’azienda.

Proviamo ad identificare alcuni principi guida:

  • Il leader deve dire la verità sia per sottolineare disallineamenti e carenze che per valorizzare la performance.

È necessario che si ponga sempre nelle condizioni per poter esprimere chiaramente e personalmente la critica ad un collaboratore. Non deve mai cadere nell’errore di formulare affermazioni negative che riguardino altri dipendenti. Occorre infatti un dialogo diretto con la persona interessata per evidenziare ciò di cui necessita in termini di interventi di miglioramento; è importante altresì suggerire soluzioni al problema riscontrato.

Ai collaboratori quindi non piace sentirsi dire solo cosa stanno facendo di sbagliato, ma si aspettano commenti positivi quando i loro comportamenti risultino particolarmente corretti e performanti; in questo caso il leader dovrebbe tenere separate temporalmente le due conversazioni (critica e ricompensa) e non rappresentarle nel medesimo colloquio. Il collaboratore infatti deve essere messo in condizione di concentrarsi sui contenuti della comunicazione, a cui deve seguire un tempo di riflessione e assorbimento che ne certificano la comprensione; operando in questo modo si evitano contaminazioni, si allontana il rischio degli effetti compensativi evitando altresì l’insorgere di confusione.

La comunicazione onesta “nel bene e nel male” conferisce credibilità e alimenta pertanto la generazione della fiducia.

  • Il leader deve fare quello che ha detto che avrebbe fatto.

È difficile immaginare qualcosa di peggiore di promettere qualcosa, di garantire un intervento, di dichiarare l’impegno a seguire la questione posta, che poi risulti essere dimenticato o oggetto di continue richieste di aggiornamento, con fastidiose dilatazioni temporali, senza produrre alcun tipo di risultato. Questo comportamento ha solo un effetto: il crollo della fiducia.

Chi svolge ruoli di coordinamento di un team è esposto a molteplici sollecitazioni, che agiscono in tutte le direzioni del modello gerarchico, ma le promesse devono essere mantenute. Vanno annotate le richieste e attribuito un tempo standard per fornire un feedback all’estensore, sia nel caso positivo che in quello negativo, fornendo appropriate motivazioni in entrambi i casi.

Chi rimanda una risposta, che sa già essere negativa, ad una richiesta ritenendo che sia meglio tergiversare per non generare nel breve termine delusione nel collaboratore, non fa altro che garantirsi l’ottenimento della capitalizzazione del disagio sul medio/lungo termine.

  • Il leader deve riconoscere e sottolineare un comportamento performante di un collaboratore.

Dovrebbe essere un gesto naturale che non richiede particolari costruzioni formali; bastano davvero poche parole, deve essere un riconoscimento rapido e personale, che può trovare anche nel confronto a livello di team veloce richiamo. Non è necessario che vi si ritorni nei giorni successivi, ma può essere oggetto di menzione nelle riunioni di allineamento con i livelli superiori quando si è in presenza di un significativo trend.

  • Il leader deve stare sempre nel “Gemba”.

Il Gemba nella filosofia orientale è il luogo dove avvengono le cose, il luogo dove si crea valore. Per il leader è pertanto fondamentale praticare il “Gemba walk”, ossia la camminata nel luogo dove operano i collaboratori, per vedere con i propri occhi cosa succede, per sentire l’aria che tira, per immergersi nella dinamiche che lo caratterizzano.

La costruzione della fiducia passa inevitabilmente per la certezza che gli obiettivi e le indicazioni date su come svolgere determinate attività siano stati definiti sulla base della comprensione dell’ambiente in cui sono effettivamente calati.

 

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